Animali da ufficio: benessere… ma per tutti?
di Francesca Mugnai

Qualche giorno fa abbiamo visto in tv un servizio su un cagnolino abbandonato che è stato adottato da un’azienda torinese e accolto all’interno degli uffici, curato da tutti i dipendenti.
Chi ha curato il servizio ha detto che la sua funzione è quella di fare “pet therapy” tra i lavoratori.

Inutile ribadire che la pet therapy – per essere più corretti gli Interventi assistiti con gli animali (IAA) – è un’altra cosa: è una multi-disciplina che ha dei criteri specifici, sanitari e psicologici e questo termine non dovrebbe essere utilizzato – come fatto in questo caso – come sinonimo di “portatore di benefici”.
Perché la dicitura corretta è proprio questa: la presenza di un cane anche in ufficio porta benefici. Numerosi.
Soprattutto all’estero, esistono policy aziendali che permettono l’ingresso degli animali, in particolare dei cani, sul luogo di lavoro. In Italia è una pratica poco diffusa, ma ci sono aziende che rispondono positivamente alla richiesta del proprio dipendente di essere accompagnato in casi specifici o in maniera fissa dal proprio animale a lavoro.

Dai dati di una ricerca del Waltham Centre for Pet Nutrition, emerge che lavorare con vicino il proprio cane riduce lo stress dell’essere umano, migliora il clima lavorativo, ha addirittura risultati positivi in termini di produttività e aumenta il senso di appartenenza dei dipendenti con l’azienda nonché il legame tra colleghi.

Il benessere personale e psicologico poi è evidente: avendo lì vicino il nostro cucciolo, possiamo fargli una carezza ogni tanto, ricevere una sua attenzione che fa sempre bene al cuore, sentirci più tranquilli nel non avere il pensiero di averlo lasciato a casa da solo. Sappiamo già che il legame con l’animale sviluppa l’ormone dell’attaccamento, l’ossitocina, che ci fa stare bene e abbassa i livelli di cortisolo e di conseguenza – appunto – lo stress.

Ma il cane in ufficio è sempre un beneficio?
No. L’animale (anche in questo caso, come sempre) non è una panacea.
Sicuramente dipende dal suo carattere e la sua indole: se è un animale particolarmente esigente, necessita di correre spesso all’esterno, si agita, non ama stare con tante persone e magari altri animali, richiede continue e costanti attenzioni, beh, un luogo di lavoro non è certo l’ideale per la sua quotidianità.
Dipende anche da noi: se l’attenzione nei confronti del cane e delle sue necessità prende il sopravvento, non potremo certo fare un buon lavoro, tendendo a distarci e a renderci meno produttivi e presenti mentalmente,
Bisogna poi fare i conti con i colleghi: se qualcuno ha fobia o fastidio per la presenza di un cane, va rispettato.

C’è innanzitutto da prendere in considerazione l’imprescindibile punto di vista dell’animale.
Dobbiamo porci delle domande: il mio animale, starà bene in quell’ambiente? È troppo angusto, troppo grande, troppo affollato, magari con odori e rumori che possono creargli stress e impattare sulla sua salute? È un luogo dove entrano ed escono continuamente persone che possono metterlo a disagio, toccarlo troppo, essere fonte di malessere per lui?
Ho la possibilità di farlo uscire ogni tanto, di portarlo fuori a fare i suoi bisognini o lo costringo a restare per ore fermo nella stessa posizione, magari rannicchiato sotto la scrivania? Insomma, la mia voglia di averlo vicino a me anche a lavoro perché a me fa bene, è potenzialmente dannosa per lui?
Il benessere dell’animale ha la stessa importanza del nostro benessere, non dimentichiamolo.

Ben vengano esempi di adozione di cuccioli abbandonati da parte di aziende e gruppi di lavoratori: meglio un ambiente di lavoro, ma pieno di affetto, che la strada o un angusto box senza una carezza.
Ma se si tratta di portare il nostro amato e coccolato animale domestico in ufficio, pensiamo bene alle conseguenze: per noi, per gli altri, per lui.